domingo, 1 de junio de 2014

ATTERRAGGIO OVNI/UFO DI JUAN GONZALES SANTOS: UN CASO PERFETTO DI DISTORSIONE






Il 12 marzo 1981 la vita di Juan González Santos un uomo di 42 anni sarebbe cambiata bruscamente. Come poteva immaginare questo socievole funzionario che quella mattina avrebbe inciampato in dei "curiosi e poco socievoli astronauti americani". Erano all’incirca le dieci e quaranta, ed era alla guida del suo furgoncino Ebro sulla nazionale 340, diretto a Pelayo, località situata appena al di fuori di Algeciras, quando vide ad un lato della strada un "sgargiante" bagliore che catturò la sua attenzione.  In un primo momento pensò che fossero le luci di un'ambulanza e che c'era stato un incidente al margine della strada, sul campo.  A pochi metri dal presunto incidente vi era uno dei ripetitori utilizzati da radio e televisione. Il nostro protagonista fermò la sua auto spinto dalla curiosità, e si avvicinò a piedi alla scena e scoprì che quello non era l’effetto prodotto da un incidente come avevo immaginato.
 

L'autore dell’inchiesta insieme al testimone e al ricercatore Pablo Villarrubia nel punto esatto in cui atterrò lo strano artefatto (2008).
 
 

Di fronte a lui, a meno di 25 metri di distanza dalla strada da una fila di eucalipto, si alzava un oggetto luminoso a forma di cupola di circa 4 metri di diametro e alto 2 metri (anche se le gambe potevano misurare sui 4 metri di altezza), con cinque finestre circolari nella sua parte anteriore e quella centrale era la più grande (e di dimensioni di circa 50 cm.), e pareva girare nel senso contrario delle lancette dell’orologio.

 

 ... Houston abbiamo un problema ...

 L’intrepido algeciregno si diresse verso lo strano artefatto, e nel percorso pensò che forse poteva essere un modulo spaziale americano con dei problemi, e senza pensarci due volte decise che poteva salutare gli astronauti (SIC).  Che notizia poter raccontare in paese, rimuginava camminando, un suo incontro con l'equipaggio dell'Apollo XI.  Tuttavia, a pochi metri dall'oggetto, ci ripensò su e decise di osservarlo con attenzione barricato dietro un piccolo parapetto di pietra. "Il trabiccolo [in spagnolo disse: "El cacharro"] – come espose Juan Gómez González Serrano, veterano ricercatore, in una delle prime interviste che diede – era sostenuto su due supporti che parevano metallici e telescopici e sembravano sia più alti che più bassi a seconda che questi piedi fossero al suolo oppure alla base sagomata a forma di ciotola. Tutto questo – continuò il testimone – era chiaramente visibile da dove mi trovavo, ossia a circa quindici o venti metri dall'oggetto che era posato a terra. Il suo colore era grigio metallizzato come l'alluminio lucido. Quel trabiccolo non aveva giunture o viti o qualsiasi altra cosa che era poteva essermi familiare. Tutto qui. Sembrava compatto e solido, era incredibile, lì in mezzo al campo e alla luce del sole".
 
L‘artefatto di aspetto metallico aveva diverse finestre circolari e un simbolo, che il testimone descrisse come molto simile a una svastica nera. (Modello realizzato dall'artista Mark Nicieza)
 
 
  

"Al lato – continua nel suo racconto – di sinistra osservai uno scudo o emblema di colore nero, anche se non posso ricordarmi cosa poteva rappresentare. Tutto quello che so è che non avevo mai visto niente di simile in un altro trabiccolo o veicolo che potesse assomigliargli (il simbolo aveva somiglianza con una svastica appiattita)". Attraverso le finestre, il testimone si rese conto dell'esistenza di vari esseri all'interno della nave, "potevo solo vedergli dal petto in su in quanto che le finestre bloccavano il resto del corpo, quindi non ho potuto vedere le gambe. Alla testa vidi che indossano un casco ben aggiustato su di essa, simile a quella utilizzata dai subacquei, e la cosa più curiosa di tutte, è che dalla parte del viso tenevano come un cristallo trasparente, ma plasmato sul volto che metteva in evidenza le caratteristiche di questi... il costume era di color marrone (...) Provai a saltare il muro di pietre e spine che mi era davanti e che, come si sa, servono a delimitare i confini e le suddivisioni del campo, quando improvvisamente da una delle antenne laterali di questa macchina scaturì una “vampa” [in spagnolo disse: "Yampa"] (si riferisce ad un raggio di luce di aspetto solido) che mi immobilizzò contro la mia volontà. Provai a ripetere l'operazione (l'amico Juan Gonzalez non si smonta facilmente) e da un’altra antenna uscì un’altra ”vampa” di luce che mi fece piangere, gli occhi mi lagrimando molto, e vedevo lucine colorate ovunque oltre che mi causò forti dolori nella parte centrale della mia fronte. Ma la cosa più strana – continua Juan – era che non riuscivo a muovermi da nessuna parte ( si ripete ancora una volta la paralisi ), anche se potevo muovere le braccia. Così sono rimasto fermo perché mi sembrava che i soggetti che vedevo in quella macchina non volevano che mi avvicinasi".

 Dentro quella macchina vi erano diversi esseri di aspetto umano.



 


Gli "Americani", 4 o 5 secondo Juan González sembravano conversare tra di loro, mentre continuavano a guardarlo. L'umanoide che era al centro, giusto nella finestra più grande, fu il soggetto che meglio lo osservò in ogni momento che era di fronte a lui e sembrava avere delle "orecchie simili a degli auricolari".  Anche se può sembrare inaudito, il nostro testimone non pensava in quel momento si trovava di fronte a qualcosa di extraumano.  Dopo circa 15 o 20 minuti di osservazione, i sostegni e la scala centrale si ritirarono e l'oggetto rimase statico in aria per pochi istanti, cominciò a salire; "Il trabiccolo era totalmente silenzioso e restò per circa dodici minuti di fronte a me e non sentivo alcun rumore. Tuttavia, aggiunge, quando l'oggetto cominciò a tremare (al momento del lancio) con movimenti ondulatori, sembrò emettere un fischio, come di aria compressa, accompagnata da una forte movimento d’aria assordante che lasciò una forte odore di bruciato come l'elettricità (ozono?) che non saprei spiegare molto bene".

 Quando il testimone cercò di avvicinarsi all’artefatto, dalla sua parte superiore scaturì un raggio di luce che glielo impedí.




Juan González diede alla fine dell'intervista un dettaglio molto importante che confermò in una intervista personale che ebbi con lui a metà degli anni Novanta. "Durante il tempo che ero vicino alla recinzione non sentii nessun suono. Né dall’artefatto, né dalle auto che circolavano nella carretera general 340. Pur avendo la strada un centinaio di metri, non sentì nessun rumore, né vide passare delle auto dirette a Algeciras o a Tarifa. Questo sì che era strano. Il silenzio che c’era era impressionante. Non si spostavano né i rami d’alberi e nemmeno le foglie".



 J. J. Benitez in compagnia del ricercatore veterano Andrés Gómez Serrano trovarono nella zona tre impronte che coincidevano con la storia di Santos.




Questo fatto deve essere preso in considerazione, dal momento che la strada principale Algeciras-Cadice è la più frequentata della regione. Gómez Serrano mostrò al testimone una gran quantità di fotografie e disegni di OVNIs/UFO perché potesse identificare l'oggetto osservato. Juan Gonzalez, dopo aver sfogliato diversi libri, selezionò l'istantanea di un OVNI/UFO visto nella città italiana di Genova, e che era stata inviata in forma anonima al quotidiano italiano La Domenica del Corriere, il 23 Giugno 1963, senza alcuna altra informazione aggiuntiva.
Nella foto, che per molti ricercatori è autentica si osserva un oggetto metallico poggiato a terra e sorretto da tre sostegni telescopici.
Gómez Serrano e J. J. Benítez trovarono tre impronte nel terreno, causate da un oggetto del peso di diverse tonnellate, e in alcune foglie del suo interno si potevano vedere anche la forma della base arrotondata, a forma di scodella, dei sostegni.


 
 
 Gli effetti della distorsione… In Immagini ...
 In successive interviste che ho avuto con Juan González Santos mi spiegò il motivo per cui pensò, in un primo tempo, che quella aeronave potesse appartenere alla NASA.
 A quanto pare, poco prima che si verificasse il suo avvistamento, il testimone aveva visto un lungo documentario in televisione su l’arrivo del primo uomo sulla luna e pensò che quell'artefatto che era posato in mezzo al campo poteva essere un modulo spaziale statunitense. Ma questi non erano i soli dati di interesse che Juan González Santos mi ha dato per poter effettuare una reinterpretazione della sua esperienza unica e spettacolare.
Secondo la teoria della distorsione, che pone che un agente esterno sconosciuto conforma e costruisce le esperienze degli incontri ravvicinati in funzione delle risorse, le informazioni e delle immagini inconsce del testimone, possiamo rintracciare la vera origine di ciò che osservò e segnalò il testimone. Diamo un’occhiata alle foto...


 Il carrello d’atterraggio dell’artefatto ha anche un suo corrispondente equivalente nel modulo spaziale statunitense. Questo elemento singolare "incorporato" alla relazione di Santos non lascia dubbi sulla sua origine...
Il testimone riferì che gli umanoidi erano vestiti con un abito che copriva anche la testa, dove vi erano delle protuberanze che sembravano "cuffie".
 
Juan González Santos disse che l'OVNI/UFO aveva nella sua parte superiore due protuberanze che lanciarono due lampeggi molto simili alle luci lampeggianti di emergenza di un'ambulanza. Curiosamente, il testimone era un volontario della Croce Rossa e spesso aiutava in attività di sostegno i vigili del fuoco, la polizia e servizio di ambulanze. Quindi ero più abituato a presenze di questo tipo di dispositivi di illuminazione. Nella foto facciamo il raffronto con il veicolo della Croce Rossa che in quei giorni era utilizzato nel distaccamento al quale apparteneva il testimone.


 Il testimone è un grande appassionato di storia e in particolare della seconda guerra mondiale, quindi non sarebbe molto strano che avesse presente nel momento della sua esperienza il simbolo più rappresentativo di quel conflitto, la svastica.

 
 
 
 
 
 
 

JOSE ANTONIO CARAV@CA



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